
È tradizione iniziare l’anno nuovo con una nutrita lista di buoni propositi, ma se nell’arco di pochi mesi si rivelasse invece una lunga lista di fallimenti?
Con l’arrivo dell’anno nuovo, accanto al cenone di Capodanno, incombe minacciosa la lista dei buoni propositi. È quasi impossibile scampare alle battute durante le feste di Natale, che annunciano a gran voce:
«la dieta? oggi no, domani forse, ma dopo le feste…sicuramente!» (parafrasando una nota canzone di Gaber che parlava di rivoluzione; d’altra parte dieta e rivoluzione in certi casi finiscono per coincidere).
È anche assai comune, soprattutto nel mese di dicembre, assistere al tentativo di alcuni di autoconvincersi che una magia accadrà nella notte tra il 31 dicembre e l’1 gennaio, rivangando un detto che risorge l’ultimo mese dell’anno, per essere poi sepolto per i restanti undici mesi: “anno nuovo, vita nuova!”.
In questi casi tendenzialmente si vedrà il soggetto in questione gioiosamente immerso nelle sue cattive abitudini, che spesso vengono enfatizzate nell’idea di godersele appieno finché si può perché poi, appunto, da gennaio la musica cambia.
Che la fine dell’anno si porti via il negativo e che l’inizio dell’anno nuovo si configuri come una tela bianca, su cui scrivere da zero, è un’illusione a cui facciamo fatica a rinunciare.
È un gigantesco refresh di cui abbiamo bisogno, che ogni anno alimenta la speranza di poter azzerare ogni preoccupazione, ritardo, delusione, dispiacere, per provare nuovamente a competere con rinnovato vigore alle sfide della propria vita.
In effetti, la natura dei buoni propositi più comuni rimandano proprio al tentativo di riprendere in mano le redini di se stessi e del proprio tempo.

Fino a qualche anno fa si scriveva la lista dei buoni propositi su foglietti di block notes volanti, che avevano l’indubbio (s)vantaggio di essere redatti il 31 dicembre e perduti per sempre entro il 3 gennaio. Con essi, nel giro di pochissimi giorni, svaniva anche il ricordo dei propositi stessi e quindi il tentativo di portarli a termine; se esiste un buco nero che risucchia tutti i calzini entrati in lavatrice e mai più rintracciati, allora ne esiste uno altrettanto profondo, ghiotto di buoni propositi, piegati e messi in tasca appena prima di dissolversi in nulla. Alcuni impavidi invece, fiduciosi delle proprie capacità mnemoniche, decidono di non scriverli da nessuna parte, convinti di averli fissati nella propria mente, luogo che considerano ben più sicuro rispetto a pezzi di carta volanti. Costoro dimenticano tuttavia che la propria mente è l’arma a doppio taglio più affilata di tutte e che, se per ragioni consce o meno consce decide che quei buoni propositi non le vanno a genio, semplicemente li cancella con un colpo di spugna. Aggiungo che anche nel caso in cui la mente non butti nella cloaca maxima i desideri e le speranze espresse dal soggetto, comunque può agevolmente rimaneggiarle, modificarle, aggiustarle per renderle più o meno aderenti alla realtà delle cose nonché alla convenienza del momento. C’è poi chi usufruisce delle note del cellulare per stilare la lista, con la certezza di averle sempre con sé, di poter in ogni momento aggiungere, aggiustare, cancellare, o semplicemente rileggere. A questi auguriamo di non essere stati troppo ottimisti (o masochisti che dir si voglia) nella scelta dei propositi.
Ma andiamo al contenuto delle liste.Intanto un distinguo, perché mi sembra che gli stilatori di buoni propositi si dividano in due macrogruppi: i filosofi e gli spesafilici.I filosofi sono coloro che, di solito con una singola e breve frase ben pensata e ben scritta, cercano di sintetizzare e racchiudere il senso ultimo che desiderano che abbia l’anno a venire. Spesso, consapevoli che per far sì che le situazioni che ci circondano cambino dobbiamo cambiare prima noi, i filosofi si concentrano sul mondo interno e sull’area emotivo-affettiva, quella che più si allontana dalla praticità e dal quotidiano. Dunque l’ipotetica nota sul telefono o impressa nella mente, potrebbe suonare più o meno così: “Quest’anno vorrei essere in grado di allentare le difese che mi sorreggono, per aprire strade inedite di me stesso e dell’altro”. Il vantaggio del filosofo è indubbio: dire tutto e dire niente gli preclude, nel caso in cui alla fine dell’anno vorrà tirare le somme, il totale fallimento, ma anche il reale raggiungimento degli obiettivi che si è posto; d’altra parte si sa che la vita è sempre imperfetta.Lo spesafilico è colui che invece prende spunto dalla lista della spesa per scrivere quella dei propositi dell’anno che viene. Costui, dall’animo pratico e spesso molto ottimistico, non si perde in giri di parole che si svuotano di senso, ma va dritto al punto: “uova, latte, caffè, verdure, mele, sapone liquido..” si tramutano in: “mangiare sano, andare in palestra, trovare un hobby, usare meno i social, leggere minimo 10 libri..”; insomma una lista di speranze spesso talmente lontane dalla realtà quotidiana che il soggetto è abituato a vivere e che sembrano destinate ad essere disilluse.In effetti quelle che a gennaio sono liste di buoni propositi spesso entro aprile/maggio diventano liste di aspettative troppo alte, le quali poi, entro novembre/dicembre, cambiano nuovamente natura diventando spietate liste di fallimenti autoinflitti.

Ho la sensazione che il contenuto di queste liste, redatte solitamente l’ultimo giorno dell’anno, in un tempo spesso decisamente troppo breve, subisca la stessa sorte delle liste della spesa scritte in un momento di fretta e fame. Ci si trova, senza quasi accorgersene, tra gli scaffali del supermercato a comprare alimenti e oggetti di cui non sapevi di aver bisogno. In un atto incontrollato di bulimia dei desideri, ci si abbuffa di illusioni e speranze, rischiando che il rigetto delle stesse risulti molto più nocivo per l’autostima e il senso di efficacia interni.
Potrebbe essere invece utile e salutare, al posto di includere nuovi hobby, abitudini e obiettivi nelle nostre vite già oberate e frenetiche, cogliere l’opportunità dell’anno nuovo per alleggerirci e per escludere hobby, abitudini e obiettivi di cui forse non sapevamo di non aver bisogno nelle nostre liste e nelle nostre vite.
Articolo pubblicato in data 19/12/2024 su Echoraffiche
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