Relazioni tossiche: cioè?
- Dott.ssa Sofia Bonomi
- 17 giu
- Tempo di lettura: 4 min

Avviare una ricerca su Internet “relazioni tossiche” equivale ad essere sommersi da centinaia di articoli e di video che descrivono le caratteristiche di questo genere di relazioni o dei partner che ne fanno parte, fornendo poi consigli su come uscirne o liberarsene. Ma quando ha senso descrivere una relazione come tossica?
Negli ultimi tempi questa definizione è diventata tanto comune da essere usata spesso in maniera confusa e indiscriminata. “Tossica”, è diventato così un termine passe-partout che talvolta finisce per indicare un rapporto in cui non si sta bene come si vorrebbe o in cui ci sono discussioni e incomprensioni.
Torniamo allora alle origini per capire che cosa significhi davvero “relazione tossica” e se questa definizione può effettivamente tornarci utile per descrivere un fenomeno specifico oppure no. Dobbiamo a Glass e al suo libro del 1995 “Toxic People” la fortunata associazione lessicale, tratta dal mondo della tossicodipendenza; nel contesto delle relazioni questa associazione descrive quei rapporti in cui i soggetti non si sostengono vicendevolmente, in cui si sviluppa competizione e conflittualità, in cui si sperimenta carenza di collaborazione e rispetto reciproco. Ad esempio se un soggetto danneggia l’altro, se vi è asimmetria di potere, se un partner vive in modo persistente infelicità e senso di colpa, se perde la possibilità di autodeterminarsi e parallelamente la sua autostima e il suo senso di sicurezza diminuiscono; o, ancora, se un partner è manipolato e controllato dall’altro, se subisce aggressioni in maniera diretta o passiva con il silenzio o la negazione dell’intimità, se è oggetto di una gelosia eccessiva e comportamenti possessivi di controllo, o se la rabbia, l’amarezza, il risentimento sono emozioni persistenti e caratterizzanti.È da specificare che non possiamo pensare ad una relazione di coppia (ma anche amicale, in famiglia, in ambito scolastico o lavorativo, .. ) che sia totalmente scevra da conflitti e tensioni: se così fosse probabilmente saremmo nell’ambito di un controllo e una manipolazione tanto accentuati da annichilire l’altro e la possibilità di esprimersi.

Incomprensioni, divergenze, momenti di rabbia, di sconforto ma anche rivendicazioni reciproche possono essere presenti e costituire momenti di sofferenza anche in una coppia “sana”. Inoltre in alcune dinamiche potremmo ravvisare talvolta un comportamento che più che manipolativo, è frutto di una certa insicurezza e di un grande desiderio di instaurare una relazione sentimentale. È questo il caso per esempio del “love bombing”, termine in auge tendenzialmente usato per descrivere una tecnica di corteggiamento tipica delle relazioni instaurate dai “narcisisti manipolatori” (altra definizione che nasce dalla psicologia clinica e che poi, trasferendosi nel linguaggio comune, si è svuotata di significato diventando un termine ombrello troppo ampio per essere davvero utile).
Risulta immediatamente condivisibile ma anche lapalissiana l’idea che una relazione con le caratteristiche sopra descritte non possa essere un rapporto totalmente sano o equilibrato, tuttavia limitarsi ad elencare le caratteristiche negative non penso possa essere veramente di aiuto a nessuno. Il problema non è infatti tanto riconoscere che un rapporto in cui vi sia manipolazione, o eccessiva gelosia (ma quando la gelosia diventa eccessiva, qual è il limite?), è un rapporto non sano, ma capire come mai si arrivi ad instaurare quel tipo di relazione con un’altra persona. Che cosa si frappone tra il desiderio/bisogno di interrompere una relazione che causa sofferenza e l’impossibilità a farlo?Inoltre non possiamo non ricordarci che ogni rapporto è a se stante e frutto dell’incastro di una certa persona con una certa storia, con dei bisogni e desideri specifici, in un particolare momento della sua vita, inserita in un determinato contesto che preme con delle aspettative piuttosto che altre.. con un’altra persona anch’essa portatrice di tutto il bagaglio descritto.
È quindi innegabile che quando si prendono in esame le “relazioni tossiche” proprio in quanto “relazioni” è necessario analizzare la diade, sia nel suo insieme sia dal punto di vista del contributo di ogni membro nella sua specificità. Non è infatti sempre vero che un soggetto che risulti “tossico” in una relazione lo sia necessariamente allo stesso modo o in altro modo con un diverso partner.
Possiamo dire che ciò che rende “tossica” la relazione è infatti l’intreccio delle fragilità, delle insicurezze, delle ferite delle persone coinvolte. La pressione esercitata da un soggetto per entrare subito in intimità può trovare corrispondenza nella difficoltà dell’altro a contraddire, a mantenere dei limiti. Allo stesso modo la tendenza a comportarsi da vittima di uno si può riflettere nell’abitudine dell’altro a essere sempre disponibile e forte per consolare e non appesantire il partner. E ancora pretendere che l’altro della coppia sia sempre disponibile può intrecciarsi con l’idea di non potersi negare. Infine una dose di gelosia eccessiva da parte di un membro della diade, può trovare riscontro e risonanza nello spirito dell’altro di sacrificarsi in nome di un bene altro che spesso finisce con il coincidere con il partner.

È in questo modo, spesso gradualmente, silenziosamente, talvolta in maniera insospettabile, che la tossicità del rapporto, come una nube di fumo, invade via via diverse aree della relazione, espandendosi ed infiltrandosi tra le crepe, fino a coprire tutto e confondere, da dentro, chi ne è vittima.È per questo che non è raro trovare situazioni in cui il fatto che la relazione in esame sia problematica è chiaro a tutti tranne che ai soggetti direttamente interessati.
Per la stessa ragione, pur rimanendo sicuramente utile l’eventuale “aiuto” da parte di conoscenti e amici, spesso è necessario che vi sia un lavoro terapeutico che guidi la persona a riconoscere e vedere gradualmente dentro di sé questa nube tossica, conditio sine qua non per capire se è possibile “disintossicarsi” ed eventualmente in quale modo.Si invita dunque alla cautela sia nel giudicare, sia nello schierarsi: se bastasse davvero un elenco di caratteristiche per descrivere una dinamica complessa come quella propria di ogni coppia per stabilire ciò che è bene e male e ciò che è giusto e sbagliato, saremmo tutti unicamente in relazioni felici o più probabilmente saremmo tutti inevitabilmente soli.
Scritto da Dott.ssa Sofia Bonomi, Psicologa Milano Porta Romana e Brescia
Articolo pubblicato in data 27/03/2025 su Echoraffiche
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